MOVIMENTO PSICOSPIRITUALE

PER UNA POLITICA SOCIALE E SANITARIA INTEGRATA COL BISOGNO DI CRESCITA INTERIORE PSICOLOGICA E SPIRITUALE DELL’UOMO.

“Capire come si possa favorire la crescita interiore delle persone mentre ci si occupa di loro negli aspetti socio sanitari è l’integrazione che ci attende, la sfida che non possiamo perdere. Non è l’abolizione dei valori e dei dogmi quello che realmente ci occorre, ma che ciascuno possa liberamente scegliere a quali valori e dogmi riferirsi per trovare un senso nella sua propria vita”.

Carissimi,
cinquant’anni anni di Concilio Vaticano II e quarant’anni di Legge Basaglia hanno certamente creato un grande fermento e i presupposti per un grande cambiamento, ma il processo innescato ancora non ha trovato un vero compimento. Quello che manca è una vera risposta delle istituzioni. Non possiamo accontentarci che il cambiamento stia avvenendo dal basso e prema solo sulla coscienza dei singoli individui, a scapito di un vero cambiamento e con conseguente eccessiva tensione sociale. Abbiamo il diritto ad una nuova cultura dell’umanità basata sul rispetto della unicità dell’uomo e quindi basata sul rispetto della diversità. Abbiamo diritto ad una umanità basata sull’amore.

Marco Guzzi e Mauro Scardovelli sono sicuramente due grandi uomini del nostro tempo che insistono sul fatto che l’umanità è alle soglie di un grande cambiamento epocale che origina dalle rinnovate ed approfondite consapevolezze dell’uomo. La nuova umanità sta dando origine ad un nuovo mondo dove i valori esistenziali di base emergeranno prepotenti. Saranno probabilmente i nostri figli che innescheranno il cambiamento che noi stiamo già preparando.

Alcune premesse

I momenti di crisi delle persone sono un’importante occasione di crescita che smuove modalità vecchie e disfunzionali, per lasciare il posto a nuove risorse più evolute ed efficaci. Non riuscire a dare compimento al processo di crescita interiore innescato dal momento di crisi è il vero dramma dell’uomo: se la crisi, anziché far crescere, annienta la persona e la rende avulsa dal contesto umano, a niente sarà servita tutta la sofferenza che si accompagna sempre a questi momenti. Favorire la crescita delle persone in occasione delle crisi è quindi un obiettivo nobile ed elevato, sul quale vale la pena investire.

La diversità tra le persone, già nei rapporti familiari, è la prima esperienza che ci spinge verso l’integrazione sociale, o verso la divisione. Maturare la consapevolezza che nessuna diversità può impedire di amarci di un amore vero, è un obiettivo verso il quale tutti abbiamo bisogno di tendere.

L’uomo nasce per compiere un percorso di crescita interiore e per vivere l’amore nelle relazioni. L’uomo ha bisogno di trovare il proprio amore. In questo difficile cammino si perde in sentieri privi di senso, e ciò determina una sofferenza profonda.

Coloro che hanno il compito di accogliere la sofferenza dell’uomo dovrebbero essere in grado di capire l’intima origine del disagio umano mentre cercano, con le cure mediche e psicologiche e con gli interventi sociali, di renderlo meno distruttivo.
Quale Psichiatria?

Se leghiamo è perché siamo legati… medico compreso, in fondo le scienze mediche non insegnano in che maniera risolvere il problema fondamentale dell’uomo.  Io allora sono responsabile quanto lui. Il problema dei matti è solo il problema di ogni uomo guardato con la lente d’ ingrandimento.

Pierangela Anedda

La realtà territoriale di cura

Prima ancora dell’intervento psicoterapeutico, il disagio arriva alle strutture sanitarie pubbliche e private alle quali è deputato il ruolo di indirizzare la persona sofferente. Ne deriva che la “carriera” della persona sofferente e del suo cammino di cura viene fin dall’inizio condizionata dalla visione che gli operatori sanitari hanno della sofferenza psichica dell’uomo.

Franco Basaglia ha creato, alcuni decenni fa, un nuovo modo di approcciare alla persona che soffre, ma non è riuscito a completare il suo lavoro. Ha investito sull’aspetto sociale ma forse non ha dato sufficiente importanza ad altri essenziali aspetti coinvolti nella insorgenza e nel mantenimento del disagio psichico. Non possiamo assolutamente continuare a lavorare con dei principi che, pur innovativi in quell’epoca perché spostavano l’attenzione dall’aspetto strettamente medico, non sono in grado di dare ancora oggi una risposta sufficientemente valida alle procedure e all’approccio alla persona che soffre. Possiamo e dobbiamo migliorare, dobbiamo proseguire nel cammino tenendo conto delle importanti acquisizioni scientifiche e culturali avvenute nel tempo.

Ma quali potrebbero essere i punti sui quali lavorare per fornire agli operatori della salute mentale e alla cittadinanza, un servizio sempre più adeguato, che possa essere sempre più degno del sacro valore della persona umana?

L’organizzazione dei dipartimenti di salute mentale (DSM), che operano (o dovrebbero operare) con le risorse presenti nel territorio, sia pubbliche che private, deve tenere sempre più conto (già lo fa) dei bisogni fondamentali dell’uomo e non solo, quindi, dei protocolli medici.

Ci vuole coraggio, ma dobbiamo farlo, dobbiamo prendere atto che un cambiamento forte ci attende. Poca integrazione e collaborazione esiste tra le diverse agenzie di cura, con la conseguenza che non vengono sempre fornite le necessarie alternative possibili.

Le proposte per il cambiamento e sulle quali impegnarsi includono la stimolazione di un dibattito culturale sulla gestione della psichiatria nel territorio. Sono argomenti sui quali discutere, per esempio, la gestione del trattamento sanitario obbligatorio, la presa in carico nei centri di salute mentale, la gestione dei casi in collaborazione, l’accettazione della diversità dovuta all’unicità della persona e di conseguenza la personalizzazione dell’intervento. Ecco alcuni spunti di riflessione.

– La gestione del trattamento sanitario obbligatorio (TSO), affinché si valutino, sempre più, tutte le alternative possibili alla limitazione coatta della libertà, tenuto conto che oramai le possibilità di intervento, e quindi di cura, hanno assunto, con gli sviluppi degli ultimi decenni, un ventaglio di alternative veramente vasto.

 La presa in carico nei Centri di Salute Mentale (CSM), affinché l’utente sia sempre più libero di scegliere il medico o la struttura che è di maggiore suo gradimento, affinché possa interagire con gli operatori in un rapporto realmente collaborativo, per aumentare la “compliance”, e che quindi le aziende per la salute convergano le risorse laddove il cittadino preme di più la sua richiesta di aiuto, perché la trova più adatta a sé: questo sarebbe in linea con le normali “leggi di mercato” per l’ottimizzo delle risorse e dei servizi offerti. L’assurdità che il cittadino non possa liberamente scegliere da chi farsi curare è una prerogativa purtroppo solo della psichiatria.

– La gestione dei casi in collaborazione con le risorse territoriali come le associazioni, per una gestione dei centri adeguata al principio della integrazione e della inclusività, dove la normalità entra nelle strutture psichiatriche e contribuisce a creare sinergia sociale e promozione delle individualità.

– L’accettazione della diversità, in quanto i protocolli medici, utili da un lato, quando gestiti troppo rigidamente rischiano di escludere fondamentali risorse al servizio di una strategia di cura che tenga conto della unicità della persona, che non ha solo bisogno del farmaco per innescare un vero processo di guarigione; è anche per questo che ci ammaliamo, perché siamo schiacciati da tutte le aspettative non autentiche della nostra vita che non consentono un adeguato dialogo interno e poi relazionale. Non riusciamo quindi, purtroppo, ad essere veramente noi stessi, a trovare e vivere il nostro Vero Sé.

L’umanità che ha sempre contato esclusivamente sulle tradizioni e la cultura trasmessa dai padri, sembra oggi sempre più investire sul dialogo con i figli. I padri di oggi non impongono più il proprio credo, ma aiutano i figli a scoprire il loro.