Per una politica sociale e sanitaria integrata col bisogno di crescita interiore psicologica e spirituale dell’uomo. Il Movimento Psicospirituale è un movimento pacifico che intraprende le sue iniziative per amare e non per “andare contro”.  Lo Spirito d’amore infatti, anche quando sollecita un cambiamento, lo fa sempre nella consolazione e mai nella disperazione. Amare significa aver raggiunto un tale equilibrio interiore che ci consente di andare incontro all’altro pur nei contrasti e nelle diversità. Mantenendo sempre la propria identità profonda, che è una identità psicospirituale. L’identità psicospirituale è in contatto con il cuore profondo, rappresenta il vero sé. È una identità nell’amore e per questo stabile nella sua grande elasticità ed apertura. L’identità psicospirituale mette in crisi la nostra identità psicologica.  Ma quando il processo è andato avanti la include. Il Movimento Psicospirituale quindi si muove sulla base della maturità psicospirituale dei suoi membri. Usa correttamente il modello psicospirituale nella misura in cui questo si sta già realizzando nell’intimo personale degli individui che lo portano avanti.

PRINCIPI ISPIRATORI

I momenti di crisi delle persone sono un’importante occasione di crescita che smuove modalità vecchie e disfunzionali, per lasciare il posto a nuove risorse più evolute. Non riuscire a dare compimento al processo di crescita interiore innescato dal momento di crisi è il vero dramma dell’uomo: se la crisi, anziché far crescere, annienta la persona e la rende avulsa dal contesto umano, a niente sarà servita tutta la sofferenza che si accompagna sempre ai momenti di crisi dell’uomo. Favorire la crescita delle persone in occasione delle crisi è quindi un obiettivo nobile ed elevato, sul quale vale la pena investire.

La diversità tra le persone, già nei rapporti familiari, è la prima esperienza che ci spinge verso l’integrazione sociale, o verso la divisione. Maturare la consapevolezza che nessuna diversità può impedire di amarci di un amore vero, è un obiettivo sacro verso il quale tutti abbiamo bisogno di tendere.

Possiamo affermare che l’uomo nasce per compiere un percorso di crescita interiore e che fin dal principio è stato creato per vivere l’amore in tutte le relazioni. In questo difficile cammino si perde in sentieri privi di senso, e questo causa e determina una sofferenza profonda.

LA REALTA’ TERRITORIALE DI CURA

Coloro che sono chiamati ad accogliere questa sofferenza dell’uomo dovrebbero quindi essere in grado di capire l’intima origine del disagio umano, mentre cercano, con le cure mediche e psicologiche e con gli interventi sociali, di renderlo meno devastante e distruttivo.

Prima ancora dell’intervento psicoterapeutico, il disagio arriva alle strutture sanitarie pubbliche e private alle quali è deputato il ruolo di indirizzare la persona sofferente. Ne deriva che la “carriera” della persona sofferente e del suo cammino di cura viene fin dall’inizio condizionata dalla visione che gli operatori sanitari hanno della sofferenza psichica dell’uomo.

Franco Basaglia ha creato, alcuni decenni fa, un nuovo modo di approcciare alla persona che soffre, ma non è riuscito a completare il suo lavoro. Ha investito sull’aspetto sociale ma forse non ha dato sufficiente importanza ad altri essenziali aspetti coinvolti nella insorgenza e nel mantenimento del disagio psichico. Non possiamo assolutamente continuare a lavorare con dei principi che, pur innovativi in quell’epoca perché spostavano l’attenzione dall’aspetto strettamente medico, non sono in grado di dare ancora oggi una risposta sufficientemente valida alle procedure e all’approccio alla persona che soffre. Possiamo e dobbiamo migliorare, dobbiamo proseguire nel cammino tenendo conto delle importanti acquisizioni scientifiche e culturali avvenute nel tempo.

Ma quali potrebbero essere i punti sui quali lavorare per fornire agli operatori della salute mentale e quindi alla cittadinanza, un servizio sempre più adeguato, che possa essere sempre più degno del sacro valore della persona umana?

L’organizzazione dei dipartimenti di salute mentale (DSM), che operano (o dovrebbero operare) con le risorse presenti nel territorio, sia pubbliche che private, deve tenere sempre più conto (già lo fa) dei bisogni fondamentali dell’uomo, e non solo, quindi, dei protocolli medici.

Ci vuole coraggio, ma dobbiamo farlo, dobbiamo prendere atto che un cambiamento forte ci attende. Poca integrazione e collaborazione esiste tra le diverse agenzie di cura, con la conseguenza che non vengono sempre fornite le necessarie alternative possibili.

Le proposte per il cambiamento e sulle quali impegnarsi includono la stimolazione di un dibattito culturale sulla gestione della psichiatria nel territorio. Sono argomenti sui quali discutere, per esempio la gestione del trattamento sanitario obbligatorio, la presa in carico nei centri di salute mentale, la gestione dei casi in collaborazione, l’accettazione della diversità dovuta all’unicità della persona e di conseguenza la personalizzazione dell’intervento. Ecco alcuni spunti di riflessione.

– La gestione del trattamento sanitario obbligatorio (TSO), affinché si valutino, sempre più, tutte le alternative possibili alla limitazione coatta della libertà, tenuto conto che oramai le possibilità di intervento, e quindi di cura, hanno assunto, con gli sviluppi degli ultimi decenni, un ventaglio di alternative veramente vasto.

– La presa in carico nei Centri di Salute Mentale (CSM), affinché l’utente sia sempre più libero di scegliere il medico o la struttura che è di maggiore suo gradimento, affinché possa interagire con gli operatori in un rapporto realmente collaborativo, per aumentare la “compliance”, e che quindi le aziende per la salute convergano le risorse laddove il cittadino preme di più la sua richiesta di aiuto, perché la trova più adatta a sé: questo sarebbe in linea con le normali “leggi di mercato” per l’ottimizzo delle risorse e dei servizi offerti. L’assurdità che il cittadino non possa liberamente scegliere da chi farsi curare è una prerogativa purtroppo solo della psichiatria.

– La gestione dei casi in collaborazione con le risorse territoriali come le associazioni, per una gestione dei centri adeguata al principio della integrazione e della inclusività, dove la normalità entra nelle strutture psichiatriche e contribuisce a creare sinergia sociale e promozione delle individualità.

– L’accettazione della diversità, in quanto i protocolli medici, utili da un lato, quando gestiti troppo rigidamente rischiano di escludere fondamentali risorse al servizio di una strategia di cura che tenga conto della unicità della persona, che non sempre ha solo bisogno del farmaco per innescare un vero processo di guarigione; è anche per questo che ci ammaliamo, perché siamo schiacciati da tutte le aspettative non autentiche della nostra vita che non consentono un adeguato dialogo interno e poi relazionale. Non riusciamo quindi, purtroppo, ad essere veramente noi stessi, a trovare e vivere il nostro Vero Sé.

 

IL MODELLO PSICOSPIRITUALE

Esistono evidenze cliniche, culturali e filosofiche che ci portano ad affermare che per stare bene ed essere felici dobbiamo anche prendere in considerazione l’aspetto spirituale.  Non ha importanza qui dire quale, perché non sappiamo quale sia più adatto per la singola persona. Ciascuno trova il suo.

Il modello psicospirituale, ovvero un approccio della terapia integrata con la spiritualità, è un modello dove l’attenzione agli aspetti esistenziali profondi si integra, beninteso senza sostituirsi, agli approcci più francamente psicologici e biologici del modello medico.

Crediamo che limitare in modo pregiudizievole questa fondamentale risorsa dell’uomo in molti casi metta le premesse per un insufficiente risultato di qualsiasi tentativo di cura.

Infatti se un gran numero di persone è in grado di vivere la propria vita, comprese le situazioni di disagio, senza mai fare riferimento alla sfera spirituale, questa sfera fa parte invece del modo di intendere la vita di molti altri, ed a questi ultimi non si può negare la possibilità di utilizzare e integrare anche questo aspetto nel proprio percorso di crescita e guarigione.

Nella nostra visione, la spiritualità non è qualcosa di astratto, ma si riferisce alla possibilità di sperimentare un senso di accudimento profondo e affidabile in relazione ad una persona. Le relazioni sarebbero quindi sia fisiche che spirituali. Dal nostro punto di vista, nel momento in cui si dovesse trascurare l’importanza, o per meglio dire, il primato dell’attaccamento, e quindi dell’amore, inteso non solo negli aspetti affettivi ma anche in quelli più propriamente psicospirituali, della ricerca del senso della vita, e ci si dovesse soffermare solo sul bisogno psicobiologico della sopravvivenza e quindi sugli aspetti sociali, non si potrebbe dare una adeguata risposta al disagio profondo dell’uomo.

L’intuizione e la consapevolezza profonda di un bisogno vero ed autentico sono un dono che non può essere determinato dal soddisfacimento di un pur sacrosanto diritto di un conforto fisico e materiale.

Inoltre, nella gestione delle difficoltà e delle diversità, non si migliorano le cose andando contro l’altro ma incontrandolo. Amare coloro che sono diversi da noi o da come ce li aspettiamo, senza considerarli per questo dei nemici, è difficile e presuppone una maturità psicologica e spirituale di grande livello. Ecco perché il lavoro che occorre è integrare gli aspetti sociali con quelli profondi.

Capire quindi come si possa favorire la crescita interiore delle persone mentre ci si occupa di loro negli aspetti socio sanitari è l’integrazione che ci attende, la sfida che non possiamo perdere.

Se facciamo riferimento all’importante paradigma della teoria dell’attaccamento di John Bowlby, l’attaccamento sicuro della figura di accudimento favorisce un corretto sviluppo della persona accudita. La figura di attaccamento sicura è quella che accompagna, è capace di lasciare la libera esplorazione senza atteggiamenti apprensivi, è capace di intervenire in modo sollecito e adeguato rispetto ai bisogni. Analogamente, sono affidabili, e quindi base sicura, i terapeuti capaci di offrire una modalità di risposta alle difficoltà e che non si sostituiscono ai bisogni della persona che aiutano. Questi sono i terapeuti che si propongono come base sicura nella relazione con i loro pazienti, e che favoriscono quindi più facilmente i processi di guarigione dal disagio psichico

Viene spontaneo pensare che l’attaccamento verso le figure parentali può essere paragonato all’attaccamento verso la divinità, in qualsiasi forma la si voglia intendere in base alla particolare spiritualità di quella persona. Questo sarebbe vero sia quando entriamo direttamente con essa in una relazione autentica, sia quando sperimentiamo la sua presenza nella nostra vita concreta mediante i fatti della vita, sia quando sperimentiamo l’attaccamento a qualsiasi figura di accudimento e accompagnamento in conseguenza di una sua concreta esperienza individuale di relazione spirituale personale. E’ intuibile che questo tipo di esperienza costituisca, secondo il nostro punto di vista, un’occasione fenomenale di attaccamento sicuro, che può essere addirittura più elevata rispetto a quella che spesso  si instaura con le figure parentali. Anche in persone che ancora non hanno un’esperienza diretta di attaccamento mediante una relazione personale spirituale, la relazione significativa con un terapeuta o una guida spirituale che abbia una fede matura e consolidata, può fornire un’occasione di relazione sicura che favorisce un attaccamento sicuro, opportunità quindi di una relazione fortemente terapeutica.

Questa intuizione ci ha portato ad investire nel tempo sulla possibilità di incentivare un’esperienza, quella della ricerca della propria identità spirituale, ovvero di quella identità essenziale al di là delle caratteristiche della personalità, che costituisce secondo questa ipotesi, una interessante integrazione, non una sostituzione, alle tecniche e alle strategie più squisitamente psicoterapeutiche, ed anche psichiatriche, comprese quelle farmacologiche.

In pratica, l’esperienza individuale di vita dove la persona ha percepito una risposta sollecita ed adeguata di aiuto rispetto ai propri bisogni e alle proprie difficoltà, in virtù di un cammino psicospirituale che lo ha connesso con il proprio interiore, porterebbe in modo significativo a risultati terapeutici più profondi e duraturi. Si spiegherebbe così il potente effetto consolatorio e rassicurante della fede quando questa si basa non solo sulle conoscenze teologiche o sulle abitudini religiose favorite dall’educazione, ma su una esperienza personale di accudimento che porta ad un cambiamento profondo.

Più importante di quello che la persona dice di essere è quello che realmente è nel suo intimo personale profondo.

Capite bene che la consapevolezza non ce la possiamo comprare, e quindi compiere un cammino psicoterapeutico che sia finalizzato ad abbattere le resistenze che limitano la possibilità di ascolto dei propri vissuti intimi e profondi, la conoscenza del proprio Vero Sé, diventa un cammino fortemente terapeutico, derivante appunto dalla unione di due strumenti sinergici, la psicoterapia integrata con la spiritualità

E’ urgente allora che si dia una possibilità di vedere con semplicità e chiarezza le intime connessioni esistenti tra difficoltà esistenziali, disagio psichico, psicoterapia, farmacoterapia, meditazione, spiritualità, religiosità. E’ una rete continua di fili e nodi che si intersecano in intime connessioni, che solo in una visione scissa della realtà rimangono separate quando in verità non lo sono.

La psicologia spirituale esiste, non la inventiamo noi adesso, ed il cammino psicospirituale che desideriamo portare avanti è uno dei tanti modelli possibili ed esistenti. Nessuno può dire che un modello sia più importante o valido di un altro e tutti hanno il diritto di esercitare il loro modello nella misura in cui ci sono persone interessate a quel tipo di approccio e che ne traggono beneficio.

Psicospirituale è un intervento psicoterapico integrato con la spiritualità, che scaturisce da una visione del cammino di cura del disagio psichico integrato con la spiritualità. Si tiene conto delle conseguenze psicologiche analizzabili della relazione di aiuto incentrata sulla fede, ovvero di quello che può essere documentabile, analizzabile, riproducibile al riguardo della influenza della spiritualità sul lavoro psicoterapeutico. Esistono infatti intimi legami tra il disagio psichico, che origina dall’impatto della persona con la realtà sulla base della propria personalità, e la ricerca del senso della propria vita. Mediante la psicospiritualità si favorisce il contatto con la dimensione interiore e la ricerca di consapevolezze per lo sviluppo di competenze di accudimento dei bisogni più profondi ed essenziali. Il lavoro psicoterapeutico procede secondo le strategie e le tecniche riconosciute valide ma con una visione dell’uomo e della vita che si avvicini al desiderio di scoprire la propria unicità all’interno di un progetto più grande. È scientifico consentire l’esplorazione aperta dei vissuti spirituali per arrivare ad una verità tutta intera su di sé, quando la persona lo desidera.

Il nostro approccio non è quindi una novità, ma nasce in modo spontaneo dalla integrazione di tecniche psicoterapeutiche codificate e la pratica della meditazione secondo i metodi esistenti e consolidati. Non faremo in questa sede quindi riferimento alle altre esperienze di approccio psicospirituale che sarà possibile, per chi fosse interessato, andare a vedere nel dettaglio.

La possibilità di mettersi alla scoperta di una dimensione interiore spirituale è senz’altro favorita da una psicoterapia che inviti la persona a smettere di parlare degli altri e delle proprie sventure (che comunque va consentita per avere una maggiore conoscenza della storia di quella persona e per favorire la liberazione delle emozioni più disturbanti) per iniziare un cammino che porti ad una maggiore conoscenza di sé, per ciò che si è veramente e non per quello che si crede di essere sulla base delle distorsioni cognitive derivanti dalla storia della persona in conseguenza della pressione sociale e familiare.

Nell’analizzare e descrivere le caratteristiche del modello psicospirituale è importante soffermarsi sulle caratteristiche che sono peculiari di una visione del cammino di cura del disagio psichico integrata con la spiritualità. Un tale approccio tiene conto non tanto degli aspetti spirituali che hanno a che fare con l’ipotesi di un intervento diretto del divino sull’uomo, che avviene, in una visione di fede, in maniera imponderabile, ma si basa sulle conseguenze analizzabili della relazione di aiuto in conseguenza di un approccio incentrato su una fede.

Quello che può essere documentabile, analizzabile, riproducibile a riguardo della influenza della spiritualità sul lavoro psicoterapeutico è ciò che può derivare dalle differenze che ci sono rispetto alle stesse applicazioni cliniche fatte da operatori che utilizzano un approccio che non prevede questa risorsa e quindi un tale livello di maturità psichica. Bisogna riuscire a comprendere gli intimi legami che ci sono tra il disagio psichico che origina dall’impatto della persona con la realtà sulla base della propria personalità e i percorsi di cura.

La meditazione, che è una esperienza che sappiamo avere una validità oramai scientificamente più che avvalorata, anche se solo in tempi recenti, è però un’esperienza che troviamo come patrimonio dell’umanità presente fin dall’antichità nelle pratiche dei grandi mistici. Il fatto che le pratiche meditative siano quindi associate alle pratiche religiose è un fatto scontato che non toglie nulla alla loro validità, anche per coloro che non si identificano in una religione in particolare.

La meditazione, che è essenzialmente una preghiera di ascolto, allontana la persona dalla confusione che deriva dalla eccessiva attività del pensiero, per accompagnarla ad un maggiore contatto con la complessità e la profondità del proprio essere. Nella meditazione i pensieri, che non possono essere fermati, vengono osservati con distacco, mentre la persona si sente in uno stato d’animo pacificato. Associare i frutti derivanti dalla meditazione, ovvero da questa particolare modalità di ascolto di se stessi, con le competenze del cammino psicoterapeutico, sembra essere una metodologia molto adeguata e di grande utilità.

Dire che quindi una psicoterapia integrata con la spiritualità sia potenzialmente migliore non è un’affermazione cosi difficile da condividere.  Il fatto poi che la meditazione sia così contigua con una dimensione spirituale, ed anche così contigua con la pratica psicoterapeutica, la rende un anello fondamentale dell’approccio psicospirituale. Il fatto che le pratiche spirituali siano così interconnesse con le religioni può fare insorgere un inspiegabile ed inaccettabile pregiudizio che, se assecondato, priverebbe della possibilità di favorire lo sviluppo di uno strumento così potente come la psicoterapia integrata con la spiritualità.

Partendo dal presupposto già citato che quello che conta nella nostra idea di Dio non sono solo le conoscenze teologiche ma anche e soprattutto l’esperienza della sua presenza concreta nella nostra vita, capiamo che quello che può aiutare nella terapia psicospirituale non sono le teorie di Dio (conoscenze teologiche di quella particolare confessione religiosa) ma le conseguenze pratiche di una relazione d’amore così speciale, come quella che si crea con Dio, quando noi scegliamo di sperimentarci in una relazione con Lui.

Quello che conta quindi sono le potenzialità delle relazioni stabili ed affidabili, come quelle con i terapeuti capaci di una relazione spirituale matura e con una comunità umana così stabile ed affidabile composta dai partecipanti dei gruppi, anch’essi capaci di una fede matura, che in aggiunta a tutte le strategie e tecniche del modello utilizzato costituiscono un valore complessivo sicuramente maggiore rispetto a quello di gruppi di lavoro privi di questa fondamentale risorsa.

Secondo questa ipotesi psicospirituale, Dio si manifesta nell’intimo delle persone disponibili all’ascolto profondo di Sé e di conseguenza, tramite gli uomini, si manifesta in tutta la comunità umana a prescindere dalle convinzioni dei singoli individui che la compongono, mediante l’esperienza universale del sentirsi amati. Per questo motivo un terapeuta già capace di un approccio psicospirituale manifesta il suo potere terapeutico verso persone di qualsiasi credenza.

Risulta pertanto fondamentale sottolineare che una relazione terapeutica con persone che abbiano fatto esperienza d’amore autentico ed abbiamo trovato dentro di sé la particolare autostima che deriva dal sentirsi accettati per il fatto di esistere e non per cosa si fa o per quello che si dimostra di essere, risulta particolarmente utile rispetto al bisogno umano di essere prima di tutto rassicurati e confortati sul proprio valore intrinseco e sulla propria amabilità incondizionata, e, solo in un secondo momento, invitati ad un cambiamento di se stessi, mediante una scelta libera da condizionamenti e paure.

L’approccio psicospirituale, secondo le indicazioni da noi fornite, invita le persone a  disinnescare la propria sofferenza dal tentativo di rivalsa verso gli altri e favorisce che la persona realizzi l’importanza di riconoscere che il proprio dolore, pur conseguenza delle esperienze con determinate persone, è qualcosa che  appartiene a sé e di conseguenza può essere elaborato nel lavoro personale a prescindere dal cambiamento dell’altro. La scoperta di Sé quindi presuppone un’esperienza di “perdono” che prelude qualsiasi scelta d’amore. Il perdono però lo si conquista mediante un determinato lavoro personale, psicoterapeutico e spirituale, che richiede tempo e volontà e che non può essere ottenuto senza un cambiamento personale profondo.

Altro elemento sostanziale è che la relazione terapeutica, individuale o di gruppo, si manifesti con modalità di setting che si differenziano dal normale approccio, ovvero che consentano una modalità di sentirsi in una relazione disinteressata da aspetti caratterizzanti tutte le relazioni strumentali, come normalmente sono caratterizzati i rapporti professionali. Pur riconoscendo la necessità di adeguati confini relazionali, si ipotizza che il setting terapeutico serva non solo ad impostare in un modo strutturato la relazione terapeutica, ma anche a proteggere il terapeuta dalle proprie difficoltà in una relazione aperta, che sarebbe più autentica ma più impegnativa.

Ci auguriamo di essere riusciti a spiegare in modo semplice le intime correlazioni che esistono tra disagio personale e relazione terapeutica integrata con la spiritualità. Siamo partiti dalla teoria scientificamente dimostrata che la relazione umana sicura, ovvero con persone che abbiano capacità e volontà di essere presenti ed affidabili e che siano quindi capaci di rispondere in modo sollecito alle difficoltà umane, produce guarigione di per sé, a prescindere poi dal modello psicoterapeutico utilizzato. Ecco perché gli innumerevoli modelli terapeutici, pur diversi tra loro, porterebbero tutti, secondo gli studi scientifici, a dei risultati positivi.

In pratica l’elemento spirituale integrato alla terapia confermerebbe la validità di tutti i modelli terapeutici e di tutte le relazioni terapeutiche, in quanto efficaci nel determinare un miglioramento e una guarigione in modo stabile nel tempo.

Vale la pena quindi interessarsi a questa importante prospettiva che si basa sulla scientificità della teoria sull’attaccamento sicuro di John Bowlby, per verificare se è confermata l’ipotesi che il cammino spirituale, basato sulla meditazione o preghiera di ascolto, ovvero sulla capacità di connettersi con il proprio interiore, possa favorire una relazione affidabile con l’Essere supremo che ama incondizionatamente e fornirci quindi la tanto desiderata esperienza di vita alla presenza di una “base sicura”.

Entrando ora maggiormente nel merito, parliamo qui con gioia delle ipotesi che ci accompagnano in questo meraviglioso lavoro psicospirituale, per ritornare poi alle radici che documentino il senso del modello.

La vita è un mistero grande, un mistero che molti desiderano scoprire, altri non hanno questa esigenza. Che bella la diversità, ci segnala che il primo mistero è la relatività del proprio vissuto. Coloro che desiderano capire qualcosa di più del mistero grande che è la vita sono in una ricerca di senso, ma non solo del senso della vita in generale, ma del mistero grande che è la loro singola propria vita. Abbiamo bisogno di capire “chi io sono” e “perché io sono nato e sto vivendo”. In questa “unica vita che abbiamo” siamo entrati in un cammino che avviene di per sé, anche se non vogliamo fare nulla per essere in cammino. Conviene quindi ogni tanto fermarsi ed ascoltare per cercare di capire. L’esperienza della vita, in ogni caso, non arriva per nulla.

Il cammino psicospirituale è un’esperienza di psicoterapia integrata con la spiritualità. Si tratta della Spiritualità con la esse maiuscola, ovvero quella collegata con la presenza del Vero Amore che sperimentiamo in contatto con il nostro Vero Sé, per distinguerla dalla spiritualità intesa come semplice esperienza autoreferenziale di distacco emotivo dalle preoccupazioni, per distinguerla quindi dalle semplici tecniche e strategie di rilassamento e di benessere. La Spiritualità è l’esperienza psichica nella quale il proprio io può intuire la vera Via che porta alla Verità e alla Vita. Il rilassamento non è lo scopo del cammino psicospirituale che include anche percezioni di dolore, anche se il dono del cammino è la percezione  di pace, gioia e amore, fosse anche solo per brevi istanti. E’ per questo che possiamo rischiare di confondere il risultato di benessere con lo scopo del cammino, evitando di fatto di compiere il cammino stesso e rimanendo in un inutile, o addirittura dannoso vissuto di benessere, fine a se stesso.

Coloro che soffrono e si avvicinano ad un cammino psicoterapeutico o di guida spirituale sono dentro la percezione di un dramma, qualsiasi sia il contenuto di quel dramma e qualsiasi sia la forma che ha assunto in quella singola persona in quella singola vita. Conoscere le dimensioni psicospirituali del dramma e del dolore collegato, consente di guidare in modo adeguato la persona verso la vera unica via d’uscita possibile, quella della realizzazione del proprio Vero Sé, evitandole di entrare in un labirinto esistenziale dove esistono molte aree di parcheggio e di finto benessere nelle quali possono continuare a sprecare nuovi periodi della loro vita. Ci vuole tempo e pazienza, è vero, ma la richiesta di tempo e pazienza che il terapeuta richiede alle persone deve essere correlata alla reale possibilità di condurre quella persona nel cammino a lei adatto.

Sulla parte psicoterapeutica non crediamo che sia necessario, in questo contesto, spendere troppe parole, perché le strategie e le tecniche di ascolto e accoglienza della persona che vengono insegnate nelle scuole di psicoterapia sono un patrimonio scientifico di indiscusso valore, che va preso con gioia come un dono divino, così come anche il contesto di ascolto e cura che chiamiamo setting. Sono molte le strategie e le tecniche veramente efficaci nel condurre il prezioso lavoro psicoterapeutico che oggi oramai abbiamo a disposizione e non mancano di germogliare sempre nuove e più creative modalità di aiuto. I modelli di psicoanalisi, nel senso di analisi della psiche, esistenti infatti oggi sono numerosissimi, partendo dal modello psicoanalitico storico di S. Freud. Quello che conta veramente però è la visione dell’uomo e della vita che possiede quel singolo terapeuta che utilizza quelle strategie e quelle tecniche, perché questo, di fatto, condiziona le direzioni possibili implicitamente suggerite ai nostri pazienti. Si ha la pretesa di negare la spiritualità perché troppo collegata culturalmente alle religioni per ipotizzare nuovi modelli più liberi e liberanti dai condizionamenti morali che di fatto portano a nuovi modelli, quelli psicoterapeutici, che di fatto sono nuove religioni. Ma quanto vero amore è possibile trovare in queste nuove religioni?

Il processo di evoluzione psichica dell’uomo ruota intorno al concetto psicoanalitico del “processo di individuazione e separazione”. Il bambino, inizialmente confuso ed inglobato nel sistema relazionale e familiare, considera ciò che accade nella famiglia come quello che accade nel mondo. Per lui non c’è una distinzione tra famiglia e mondo: il mondo è la sua famiglia. Nel periodo dell’adolescenza, per la prima volta si accorge che esistono altre realtà, esterne ed interiori, che lo differenziano dal sistema di origine: è l’inizio della crisi adolescenziale dove comincia a formarsi il pensiero astratto. Questo processo, scientificamente acclarato, corrisponde al concetto spirituale del libero arbitrio, ovvero al potere che l’uomo ha di determinarsi secondo le proprie scelte.

Inizia quindi tutta la grande avventura dell’uomo dove l’esperienza guida la consapevolezza, ma dove anche la consapevolezza guida lo svolgersi dell’esperienza.

Processo di individuazione vuol dire che lo scopo di questo processo è essere “individui” ovvero individuati in una identità propria possibilmente indivisa, unitaria,  e non scissa, conflittuale, come esseri separati dagli altri esseri. Viviamo nel mondo della separazione dove nel bene e nel male abbiamo un potere enorme su noi stessi e gli altri. Andando avanti su questa logica, in teoria dovremmo sperimentare ogni cosa prima di fare una scelta. In realtà, per fortuna, non avviene così. Per esempio, non tutti scelgono di sperimentare l’uso di droga per capire se va bene usarla: molti si fidano delle indicazioni fornite dagli altri e della loro intuizione. La proposta di vivere nell’amore presuppone quindi avere acquisito la fiducia nella proposta e nella promessa, nonostante il dolore che procura la rinuncia a sperimentare molte esperienze possibili che ci allontanano dall’amore. La proposta presuppone un rapporto di fiducia con il terapeuta, una persona che è capace di fornire una guida attenta ai bisogni veri ed autentici, che scaturiscono dal profondo di ogni essere di qualsiasi ideologia.

Il lavoro psicospirituale fornisce la possibilità di connettersi con la dimensione interiore che consente lo sviluppo di consapevolezze di accudimento dei bisogni più essenziali. Tutto il lavoro procede secondo le strategie e le tecniche scientificamente consolidate e sperimentate, ma ruota intorno all’idea di scoprire la propria unicità all’interno di un progetto più grande. Non sarebbe scientifico mettere un pregiudizio teorico come baluardo alla verità tutta intera, come vorrebbe fare chi esclude la spiritualità dal lavoro psicoterapeutico, se la persona desidera andare in quella direzione.

Vogliamo approfondire meglio alcuni concetti che riteniamo essenziali nello spiegare il modello psicospirituale.

  1. Il cammino psicospirituale comporta una scoperta dentro di sé che avviene in modo spontaneo. E’ un contatto tra la propria psiche (la propria coscienza) e l’anima. Questa esperienza può essere vissuta e condivisa, ma non può essere dimostrata. Non la possiamo controllare con una spiegazione che poi ci consente di “somministrarla”, come fosse un farmaco, una pillola da dare in modo meccanico che prescinde dalla volontà del cammino della persona. E’ la persona che compie un’esperienza dal di dentro, perché volontariamente decide liberamente di andare, perché riceve il dono di poterci andare. Una persona potrebbe decidere di andare in questa esperienza e non riuscirci, perché non si trova ancora nelle condizioni adatte, oppure una persona potrebbe anche trovarsi nelle condizioni adatte ma non ci vuole andare. Il terapeuta che decide di usare il modello psicospirituale, partendo dall’uso di tutte le strategie e tecniche terapeutiche e comunicative già conosciute, già codificate, accetta di fare un cammino che ha come finalità la ricerca della scoperta di un senso profondo dell’esistere, non della vita in generale, ma del senso profondo del “proprio esistere” per quella persona, sulla base di una consapevolezza profonda di ciò che quella persona è quando si mette in contatto con una dimensione spirituale. Non è soltanto psichica, ma è una esperienza psichica, completamente psichica, cioè viene vissuta coscientemente come qualsiasi altra esperienza di vita, descrivibile, condivisibile. Quindi è una esperienza che può essere favorita dal cammino psicospirituale ma che poi scaturisce in modo libero e spontaneo.
  1. L’esperienza del cammino psicospirituale si avvale della parte spirituale, che  non è necessariamente prevista in un cammino psicoterapeutico. Quando diciamo psicospirituale ci riferiamo a quella dimensione dell’uomo, che non è soltanto corpo ma anche spirito, e che in qualche modo viene accarezzata anche da tanti movimenti oggi esistenti. Pensiamo per esempio alla New Age, alla Mindfullness, al Training Autogeno e alle varie tecniche di rilassamento, che sono utili per favorire una maggiore consapevolezza psicofisica. Esse preparano l’uomo e lo mettono maggiormente in contatto con una dimensione interiore. Potremmo chiamare quindi, in senso lato, queste pratiche “spirituali” ovvero capaci di accarezzare una dimensione psicospirituale. All’interno del nostro modello però, per spirituale intendiamo la reale presenza dello Spirito d’amore che parla a tutti gli uomini disponibili, indistintamente, a prescindere dal loro credo. Quindi lo consideriamo all’interno dell’esperienza rivolta a persone di qualsiasi credenza nel rispetto di ciascuno, ivi compresa la visione cristiana e della chiesa cattolica, ma che consenta di dialogare con qualsiasi persona, di qualsiasi ideologia. Ciascuno identifica in un nome una valenza spirituale significativa e valida per sé e con la quale rispettosamente si mette in un dialogo aperto e psicologicamente adeguato.
  1. Anche stando sulla dimensione strettamente psicologica, noi sappiamo che a volte l’unicità di quell’essere, di quel bambino che arriva in quella famiglia e che non viene capito, perché esso va oltre le capacità di sintesi emotiva e cognitiva dei suoi familiari, porta purtroppo ad una soppressione della manifestazione della sua unicità. La persona è veramente unica, ci può essere qualcosa di quella persona che non è inizialmente di facile comprensione e dobbiamo essere in grado di accogliere e rispettare la sua unicità, nonostante la difficoltà e il disagio che questo ci procura. Anche quello che ci indica la spiritualità è unico e difficile da capire e da credere, e l’umanità è chiamata ad avere la forza di attendere con pazienza che l’individuo possa dare compimento alla sua vocazione di vita secondo il suo modello e la sua visione, senza che avvengano pregiudizievoli prevaricazioni culturali, ideologiche e spirituali. Questo purtroppo infatti avviene infinite volte nel mondo, nelle famiglie, all’interno delle case, nei posti di lavoro, nei gruppi umani della società, ed è conseguenza essenzialmente della difficoltà ad accogliere umanamente quella unicità. Questo è il modello psicospirituale: una visione incentrata sull’uomo come entità fisica, psicologica e spirituale, e non finalizzata ai soli interessi umani, del mondo, della convenienza, del commercio, o delle necessità organizzative dei sistemi, ma che sia capace di un’umile ed amorevole accoglienza dell’unicità dell’uomo, per il bene della persona e dell’umanità tutta intera.
  1. Il centro di tutto il lavoro psicospirituale è una ricerca del senso della vita della persona. Ciascuno di noi ha fra i tanti bisogni un bisogno fondamentale, che è la ricerca del senso che ha per sé la sua propria vita in questo sistema umano. Questa ricerca di senso non la possiamo trovare soltanto a livello mentale, negli schemi cognitivi, nelle convinzioni, nella struttura psichica, ma la troviamo nel cuore, nell’anima, nella profondità dell’essere, nella scoperta della consapevolezza profonda del proprio esistere, della propria essenza. E’ qualcosa che è direttamente in contatto con la consapevolezza dello spirito d’amore che ci indica una realtà infinitamente bella e ricca, con la quale, ciascuno di noi come essere umano incarnato, può rimanere in contatto anche immerso in questa dimensione terrena, in quanto bisognoso di portare avanti il proprio piano di vita, sulla base della consapevolezza che arriva dal profondo, e che non è sempre collegata con le logiche terrene. Quindi il modello psicospirituale aiuta l’uomo a trovare se stesso, inserito in una realtà d’amore, e lo aiuta a superare le difficoltà che nascono dal conciliare il suo esistere con la realtà già strutturata della terra, che ha delle altre logiche.
  1. Quindi volendo ribadire meglio questo aspetto essenziale, nel modello psicospirituale ci sono dei valori profondi che vengono riconosciuti presenti nella vita dell’uomo come bisogno fondamentale, e il lavoro è proprio quello di rispettare i valori profondi e andare a conoscerli in modo tale che questi possano essere integrati con quelli di altri esseri umani e si possa arrivare ad una sinergia che si basa su un valore fondamentale, che è quello dell’amore.
  1. Se noi prendiamo l’amore come fulcro centrale sul quale ruota tutto il nostro lavoro, quello con le persone, per guidarle verso una vera guarigione, dobbiamo anche riuscire a capire cosa è quest’amore. La consapevolezza che noi stimoliamo nella persona mediante il cammino psicospirituale è la scoperta dell’amore incondizionato che trasforma il senso del nostro esistere. Cominciamo quindi, con il lavoro psicospirituale, a passare da un amore egoistico ad un amore vero.
  1. Sulla base di questo principio, quello dell’amore altruistico incondizionato, arriva subito una considerazione molto importante: il terapeuta, per poter aiutare veramente una persona, deve essere in grado di amarla. Questo è un punto cruciale. Il terapeuta per poter usare il modello psicospirituale deve prima aver fatto nella propria vita la scoperta di sé, del proprio Vero Sé, del sé profondo, di questa dimensione d’amore. Fino a quel momento il terapeuta può saper usare bene le proprie competenze, però non potrà mai accompagnare la persona fino alla fine del percorso che noi indichiamo. Tutto questo lavoro è comunque utile, è una premessa, ma se noi vogliamo veramente portare la persona ad una guarigione, prima dobbiamo essere stati noi stessi in grado di vivere e conoscere noi stessi in questa esperienza psicospirituale.
  1. Quando si parla di spiritualità diciamo che siamo qui su questa terra per vivere l’amore incondizionato, l’amore fino in fondo, ovvero per superare i sentimenti di odio, di risentimento. Siamo qui per essere quindi capaci di accettare i limiti dell’altro. Quando noi diciamo che il modello psicospirituale è anche collegato ai modelli religiosi esistenti, non andiamo a parlare dell’organizzazione delle strutture religiose, ma dell’esperienza individuale del sentirsi amati.
  1. Assumendo come valida questa visione dell’uomo e questo principio al quale aderire, tutte le strategie e tecniche a disposizione sul piano scientifico, strategie che i terapeuti già posseggono, possono essere finalizzate ad accompagnare la persona che soffre a risolvere questo risentimento che blocca la possibilità di un amore vero, presupponendo che questa è la vera causa di tutte le sofferenze dell’uomo, anche se poi le persone ci portano le situazioni ed i fatti più disparati dai quali noi partiamo nel lavoro psicoterapeutico. Alla fine, queste situazioni vanno a ruotare tutte intorno al fatto che la persona, nell’esperienza difficile della vita, ha trovato dei “buoni motivi” per odiare, per volersi separare dall’altro, per mettere dei confini rigidi, per stare in una posizione trincerata e sulla difensiva, mentre invece il bisogno essenziale dell’uomo è quello di stare in relazione. Quindi, l’ipotesi è che tutte le diversità delle persone sono gestibili: le difficoltà all’interno di una famiglia, di una coppia, e nei diversi contesti sociali. Ma il terapeuta deve essere in grado di una visione illuminata e ampia che gli consenta di proporre un cammino, con strategie e tecniche, per far sì che la persona possa sentirsi realizzata, superando quelle difficoltà relazionali che invece sono caratterizzate da sofferenza, dolore, risentimento. Il terapeuta deve avere chiaro in sé che questo lavoro è utile per la guarigione della persona, piuttosto che coltivare insieme al paziente l’illusione che la felicità arriva da un’autonomia assoluta e da una separazione che noi continuamente agiamo con gli altri con cui siamo in relazione, quando la relazione è diventata difficile.
  1. Nel modello che stiamo cercando di portare avanti, oltre a tutte le competenze psicoterapeutiche che riconosciamo come valide, riconosciamo valido anche l’accompagnamento spirituale, ciascuno secondo il proprio credo, con particolare attenzione alla preghiera di ascolto che è la meditazione.

Ritornando infine alla concretezza del lavoro con le persone che richiedono aiuto per il loro disagio personale, non possiamo trascurare che, se parliamo di un modello di intervento medico, l’apertura agli aspetti esistenziali qui menzionati richieda integrazione con i percorsi di crescita psicologica e psicospirituale, che non necessariamente può essere fornita direttamente da quel medico. Esso può trovare, nel territorio, in una visione integrata e sinergica, come dovrebbe essere sempre, le figure adatte a questa integrazione.

Probabilmente queste semplici riflessioni potrebbero favorire un dibattito sociale e  determinare un sostanziale miglioramento dell’organizzazione dei servizi della salute mentale.

Potrebbero quindi determinare un miglioramento possibile della potenzialità curativa verso le persone che chiedono aiuto e sono anche, in tanti casi, desiderose di fornire aiuto e di contribuire al processo di crescita interiore delle altre persone. Si innesca una dinamica positiva, un circolo virtuoso, dove coloro che hanno scoperto il loro vero sé sono adatti affinché altri compiano lo stesso cammino di crescita personale.

E’ comunque sicuramente doveroso rispettare tutte le diversità di approccio e consentire, a coloro che lo desiderano e ne trovano un beneficio, la possibilità di usufruire della risorsa psicospirituale nel loro percorso di cura e guarigione.

L’uomo nella sua interezza.

Non solo nel privato, ma proprio nella struttura pubblica.

Per tutti.